"Noi ... quelli dell'era digitale che non sappiamo più osservare"

 

                                                                                                                        Genova, 21  Luglio 2008

Sono quasi passati due secoli dalla famosa mattina, quella caratterizzata da un cielo nuvoloso, una di quelle alla quale oggi storciamo il naso magari in coda prima di andare in ufficio, sembra essere successo tutto per caso, per fortuna, pensatela un po’ come volete, ma la fotografia nonostante non abbia  ancora perso il suo fascino non conta più ammiratori al pari dei suoi genitori Niépce e Daguerre.
È incredibile, sembra quasi una barzelletta, viviamo nell’era della tecnologia digitale, quella dove le fotografia  e in generale le immagini sono le protagoniste, e invece che essere abili naviganti in questo mare di colori, siamo naufraghi su un’isola sommersa da macchine fotografiche, obiettivi e memoria flash di qualunque tipo.
Ogni giorno sfogliamo un volantino pubblicitario che ci propone un’ampia gamma di macchine fotografiche digitali, dalle semplici compatte alle più sofisticate e professionali reflex a prezzi ormai abordabili alla maggior parte delle persone, ma nonostante queste possibilità non siamo più grandi osservatori.
Stiamo attraversando l’epoca dei luoghi comuni, mi piace l’ironia, penso che sia una delle forme di comunicazione più intelligenti che esistano, e per questo motivo non mi limito a dirVi, o meglio a dirci, che non sappiamo più guardare, ma vi sottolineo un fatto che accade tutti i giorni, e che constato nei vari spostamenti che effettuo quotidianamente essendo un amante camminatore: pensate nemmeno quando siamo in coda ad un semaforo, alziamo lo sguardo per scrutare quello che ci circonda, perché troppo intenti a ripartire frettolosamente appena il semaforo ci dà il consenso.
Non siamo così, lo siamo diventati, anche se forse non vorremmo esserlo, ma ogni mattina con sguardo basso e paraocchi in fila uno dietro l’altro ci indirizziamo verso il posto di lavoro: è così passano i giorni, le settimane, gli anni, trascorre la nostra vita, il tutto senza neanche accorgerci che in quel piccolo viaggio che compiamo tutte le mattine il sole sorge e tramonta pitturando il cielo, il passero sta portando da mangiare ai piccoli appena nati, l’ape sta costruendo un alveare magari sopra il portone del nostro palazzo, e anche la più piccola pianta sta sfidando l’immensa pianura d’asfalto bucando la strada con un nuovo ramo.
Non siamo neppure consapevoli di quello che è uguale da tempo intorno a noi: sono convinto infatti che sappiamo a malapena il colore della facciata del nostro caseggiato, per non parlare poi dei disegni dipinti tra un poggiolo e l’altro da qualche artista genovese dei primi del Novecento.
Pensare che la fotografia, fin dai primi momenti in cui è nata, ha sempre voluto ricordare, “impressionare”, nel bene e nel male, tutto quello che è accaduto nel corso della Storia: è proprio infatti grazie al suo compito, svolto sempre in maniera egregia, che possiamo rivivere sfogliando una enciclopedia gli eventi più o meno importanti accaduti negli ultimi due secoli, dalle scoperte scientifiche, ai viaggi spaziali, passando per le due Guerre Mondiali, e saperne cogliere tutti gli aspetti del caso a 360 gradi in maniera oggettiva, guardando “semplicemente” la realtà di un preciso momento,senza nessuna interpretazione.
Vedere, ancora più osservare, significa capire, conoscere, e il nostro cervello impara attraverso le immagini, immagazzinando giorno dopo giorno le varie istantanee che compongono l’album delle nostre giornate composte da continue emozioni e sensazioni, ed è per questo motivo che non dobbiamo mai smettere di adoperare al meglio due “strumenti”così importanti come i nostri occhi.
Mi piacerebbe sapere il pensiero di Niépce e Daguere in merito a tutto questo: non so se avrebbero affrontato la fotografia nella società odierna con la stessa passione di un tempo, ma resta il fatto, e di questo ne sono sicuro, che non si sarebbero mai uniformati a questi nostri moderni atteggiamenti, e che anzi avrebbero sfruttato al massimo la potenza  degli strumenti tecnologici moderni.  Oggi infatti la rete Internet ci permette in pochi secondi di scattare una fotografia e inviarla agli antipodi del Mondo, per poter portare in maniera più democratica possibile agli occhi di qualunque essere umano un particolare evento,  evitando di dimenticare anche qualche dettaglio apparentemente superficiale, che altrimenti andrebbe perso, facendo riecheggiare il famoso aforisma di Henri Cartier-Bresson che afferma che per un fotografo ciò che sparisce, sparisce per sempre.
Se oggi possiamo guardare come è un tramonto sulla Terra visto con una prospettiva lunare, stando seduti sul divano di casa nostra, è proprio grazie a Lei; mi raccomando quindi anche se aprite la finestra e vedete il cielo coperto di nuvole non sbuffate, mettete l’ombrello nello zaino ………………….. la fotografia è stata scoperta proprio grazie ad uno scomodo temporale.

                                                                                                                                                     Stefano

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